Burano, le mille sfumature di un’isola
Le sue case coloratissime sembrano appena uscite dalla tavolozza di un pittore e ne costituiscono il marchio di fabbrica, insieme alla produzione dei merletti lavorati a mano, di cui esistono attestazioni storiche dal Quattrocento. Burano ricorda la trama di un tessuto a cielo aperto, le calli sembrano quasi gomitoli variopinti e srotolati; inseguendone i fili, magari per un attimo ti perdi, ma subito dopo ci si ritrova.
Bisogna essere pazienti e curiosi: la sorpresa può nascondersi ovunque, appena svoltato l’angolo.
Il modo migliore per conoscere Burano è infatti quello di girovagare senza una meta precisa per scoprire scorci interessanti, come la Vecchia Pescheria, “la Pescarìa Vecia”, dove innamorati e fotografi accorrono per godersi tramonti da film sulla Laguna.
Burano è anche un paese che cerca di resistere allo spopolamento; ogni anno perde circa il 2% della popolazione: 60 abitanti su 2300 residenti. Sono soprattutto giovani. E non nascono più bambini. La scuola elementare conta ormai solo una dozzina di alunni. Il costo della vita su un’isola è maggiore che sulla terra ferma perché bisogna trasportare tutto via mare ed il costo del carburante pesa anche sui generi di prima necessità. Ma i cittadini non demordono: i comitati civici e le associazioni imprenditoriali lottano per non trasformare Burano in un paese museo.
Case colorate: una tradizione avvolta nella nebbia
Tra le case colorate si distingue in via al Gattolo quella di Bepi Suà, al secolo Giuseppe Toselli, un personaggio molto conosciuto anche al di fuori dei confini di Burano, tanto che tutti i turisti volevano farsi una foto con lui. Anche adesso che è morto da una ventina d’anni, uno scatto davanti alla sua abitazione costituisce una tappa obbligata del tour di Burano.
Bepi deve probabilmente il soprannome Suà (sudato) all’impegno profuso quotidianamente sotto il sole per colorare la facciata di casa. Ma Bepi, oltre che attivissimo nel dipingere ed abbellire la sua dimora, era anche un animatore culturale capace di creare eventi ed iniziative di vario tipo, come ad esempio il cineforum nella piazzetta (il campiello) davanti a casa.
La tradizione di colorare così le abitazioni è molto antica. Il motivo del ricorso a queste vivaci colorazioni è stato oggetto di varie ipotesi: secondo alcuni studiosi in questo modo i pescatori che potevano riconoscere a distanza la loro casa, soprattutto quanto c’era la nebbia. Secondo altri, a Burano ogni famiglia aveva il suo detto (soprannome) ed anche il suo colore per distinguersi dalle altre. Proprio come avveniva a Venezia e altrove per i nobili che avevano un motto e uno stemma di famiglia.
La cucina di Burano: Buranei e risotto di Gò
Fondata nel V secolo d.c, Burano è in realtà un piccolo arcipelago, unito da ponti. Come dimostra il ponte di Legno chiamato Tre Ponti, che collega tre canali e tre vivaci vie del borgo tra negozi, ristoranti e laboratori artigianali.
Burano è conosciuta anche per i suoi biscotti (bussolai o buranei) perfetti a colazione perché non si sciolgono nel latte e possono essere mangiati facilmente dopo essere stati inzuppati. Le specialità gastronomiche non si limitano ai soli dolci. Notevole è infatti la varietà della cucina di pesce, a partire dal risotto di Gò o risotto alla Buranella, ricetta tipica dei pescatori. Il Gò o Ghiozzo è un pesce di laguna, dal quale si ricava il brodo di cottura del riso.
Il laboratorio di Renzo Piano
Burano è stata anche sede di un importante esperimento di architettura sociale, un esempio di progettazione partecipata dello spazio pubblico con un laboratorio urbano promosso da Renzo Piano.
Nel 1980 Burano è stata infatti al centro di un interessante progetto di recupero urbanistico che prevedeva una stretta collaborazione tra l’architetto e la popolazione. Un confronto non sempre facile tra il professionista ed il Comune, il consiglio di quartiere e le associazioni degli artigiani per dar voce a chi a Burano vive e lavora.
L’idea era quella di sperimentare la figura dell’architetto condotto, in analogia con la figura del medico condotto. Un architetto di prossimità che ricerca soluzioni a partire dei bisogni concreti di chi abita sul territorio nel rispetto della storia del luogo.Un’esperienza lontana nel tempo, che potrebbe però offrire spunti per la battaglia contro lo spopolamento di Burano, per un paese a misura di persona, con un’economia sostenibile, anziché un luogo asservito alle logiche dell’industria del turismo.
Amore e merletti, la leggenda di Maria e Nicolò
Tra le tradizioni di Burano c’è la produzione dei merletti, lavorazione artigianale a cui è stato dedicato un museo sul piccolo arcipelago. L’origine dei merletti è avvolta da un alone di leggenda, una storia che gli abitanti del posto amano raccontare.In un’epoca remota non precisata viveva a Burano un giovane pescatore di nome Nicolò, preda ambita di tutte le ragazze del posto. Ma Nicolò era fedelissimo a Maria, la sua fidanzata. Poco prima del matrimonio, mentre il pescatore si trovava in mare, la sua barca venne circondata dalle Sirene. Nemmeno queste bellissime donne riuscirono però a distoglierlo dal suo amore per Maria.
Le Sirene, colpite da tanto amore e da tanta lealtà verso la sua promessa sposa, donarono a Nicolò un fantastico ricamo bianco, fatto con la schiuma del mare. Era uno splendido velo che il giovane regalò a Maria come dono di nozze. In seguito Maria riuscì a ricreare un ricamo elegante lavorando i filati, in modo da ottenere un tessuto ornato molto leggero.
Le donne di Burano inventano i merletti
Secondo altre fonti, le altre donne del luogo vedendo il velo della sposa, si ingelosirono. Si scatenò quindi una competizione tra le ragazze che volevano indossarne anche loro uno così bello.
Secondo altre fonti, le altre donne del luogo vedendo il velo della sposa, si ingelosirono. Si scatenò quindi una competizione tra le ragazze che volevano indossarne anche loro uno così bello.
E così le sarte, di miglioria in miglioria, riuscirono a creare il merletto di Burano.
Questa romantica storia di mare e d’amore tra il pescatore e la ricamatrice presenta interessanti analogie tra i due mestieri: la lavorazione tradizionale del merletto mostra infatti alcune affinità con le tecniche di produzione e riparazione delle reti da pesca.
E così le sarte, di miglioria in miglioria, riuscirono a creare il merletto di Burano.
Questa romantica storia di mare e d’amore tra il pescatore e la ricamatrice presenta interessanti analogie tra i due mestieri: la lavorazione tradizionale del merletto mostra infatti alcune affinità con le tecniche di produzione e riparazione delle reti da pesca.
Il campanile storto
Alla fine del giro di Burano, dopo essersi persi tra vicoli e piazze, non si può ripartire senza aver visto il Campanile storto, situato sul retro della chiesa di San Martino Vescovo. La torre campanaria, alta 53 metri ed inclinata sull’asse di quasi 2 metri, è visibile da vari punti del borgo. Sono particolarmente suggestivi gli scorci dal ponte di Terranova e dalla riva della Giudecca. Inevitabilmente, guardando il campanile, vi sembrerà di aver bevuto troppo, ma (forse)….non è vero.
Matteo Ganino
Immagini di Anna Leone e Matteo Ganino